Difficile da domare per l'incostanza nella produttività e attaccabile facilmente da peronospora e oidio, non per nulla quest’uva si meritò l’epiteto di galopine (monella) e fu progressivamente abbandonata al suo destino, tant'è che negli anni sessanta la sua diffusione occupava poco più una dozzina di ettari. Per fortuna però il fascino del Viognier, straordinariamente profumato, ha trovato un club di sostenitori a livello internazionale che hanno portato questo vitigno in varie parti del mondo, soprattutto in California e in Australia. Anche in Francia ovviamente è stato reimpiantato ed è usato molte volte come vino da taglio per conferire un tocco di classe a vitigni considerati più neutri e privi di personalità. Tranne che a Condrieu, dove alcuni produttori lo hanno elevato al rango che si merita producendolo in purezza e chiamandolo semplicemente “Condrieu”.
Vanno citati George Vernay, ritenuto il salvatore del Viognier per la costanza con cui ha sempre creduto in questo vitigno, produttore del Coteau du Vernon, Pierre Dumazet, André Perret ed E.Guigal. Il Viogner in assoluto più insolito è lo Chateau – Grillet che con poco più di 3 ettari da origine ad una propria “appellation”. Tutti questi produttori riescono a proporre vini intensi, complessi, molto longevi, nonché, ça va sans dire, decisamente costosi e assolutamente unici.
Anche nel nostro Paese questo vitigno oggi è presente grazie ad alcuni produttori d’avanguardia come ad esempio Ascheri in Piemonte, a Bra. Correva l’anno 1993 quando un giovane Matteo Ascheri, esaminando il podere della vigna di Montalupa di Bra, vicino al comune di Pocapaglia nel Roero, si accorse che quel terreno molto sabbioso e drenante e il clima piuttosto arido rendevano il sito simile a quelli dell'alta valle del Rodano. Tornato a visitare quei luoghi, questa volta accompagnato dal suo enologo e agronomo dell'epoca, per capire quali coltivazioni avrebbe potuto portare a Montalupa, scoprì questo vino pazzesco, fatto a proprio col Viognier. Fu letteralmente ammaliato da George Vernay , il quale gli donò una selezione delle sue prestigiose barbatelle. Tornato in patria, le piantò a Montalupa e diede inizio alla coltura di questo vitigno, primo in Piemonte e tra i primi in Italia. Proprio perchè in Langa e Roero non si era mai vista questa varietà il nuovo vigneto fu classificato come sperimentale e poté entrare in Langhe Doc solo 11 anni dopo!!!.
Giusto premio all’intraprendenza, alla curiosità e alla costanza di un amante della viticoltura e di tutto quanto fa parte del mondo enologico come Matteo Ascheri. Però ne è valsa la pena, perché oggi il Montalupa Bianco Langhe Doc di Ascheri è un vino veramente straordinario e niente ha da invidiare ai blasonati francesi. Anzi, Matteo riesce a far esprimere veramente ai massimi livelli questa varietà e produce un vino di una longevità pazzesca oltre ad una intensità e complessità uniche. Pensate che questo vino esce solo in grandi annate, quindi non più di 4/5 ogni 10 e dopo un periodo di ben 38 mesi dalla vendemmia, come un Barolo. E' un vino che per la sua complessità ricorda uno chardonnay della Borgogna, per longevità un Riesling renano, per i profumi un Gewurztraminer e per freschezza un Sauvignon della Loira. Se vi capiterà di visitare la cantina troverete in vendita alcune annate dalla 2000 alla 2016, che attualmente è quella più recente in commercio.
Per apprezzarlo al meglio, un bel calice ampio, come doveste degustare un Barolo e mi raccomando la temperatura di servizio, 14/15 gradi.
Buona degustazione.
Roberto Re