A questo punto torna in scena un personaggio che già abbiamo imparato a conoscere, l’Imperatore Marco Aurelio Probo. Che decide di mandare in quelle regioni un vitigno che conosce bene, essendo di origini slave come lui.
Secondo altri studi si tratterebbe invece di un vitigno italico, che però da noi non godeva di grande considerazione perché coltivato in regioni dal clima troppo caldo per metterne in luce le qualità. Magari li manda tutti e due, comunque non è così importante. Quel che conta è che dagli incroci di questi vitigni con le modeste uve locali nasce una delle più importanti produzioni che attraverso i secoli giungerà fino a noi: quella del Riesling renano.
A seguire, Roberto Re, altra firma che col tempo ci farà compagnia, ci spiega come affrontare la scelta di un Riesling renano orientandoci nella jungla di etichette, denominazioni, territori, selezioni e menzioni particolari che caratterizzano questa sterminata produzione. Utlissimo da consultare prima di andare in enoteca a cercare un Riesling renano, giusto per non perdersi nel mare di proposte che potrebbero piovervi addosso.
E’ la storia del Riesling renano, considerato da molti il più grande vitigno del mondo.
In una delle aree più belle della Germania, non molto lontano dal confine con il Lussemburgo, la Francia e il Belgio, in una delle regioni vinicole migliori del paese si trova Treviri, un piccolo centro fondato dai Romani, molto ben conservato, con bellissimi monumenti ancora in ottimo stato, una sorta di “piccola Roma”.
In epoca imperiale la popolazione ammontava a circa 80 000 abitanti, tanto che Augusta Treverorum era considerata la più grande città a nord delle Alpi.
Dalla sua fondazione, Augusta Trevororum necessitò negli anni di considerevoli approvvigionamenti di grano, olio e vino. Quest’ultimo era di vitale importanza per i legionari che combattevano contro i Galli nelle varie campagne e il suo approvvigionamento doveva essere abbondante per ogni soldato. Là, lontano da Roma, erano presenti oltre 450.000 uomini che avevano incessantemente sete di vino e il loro ristoro doveva essere tenuto in debito conto.
Pare certo che un vitigno autoctono esistesse già all’arrivo dei romani e ci fossero già tracce di viticoltura nei terreni contigui ai boschi. Vista la scarsa produzione di vino locale, dovuta a viti non adatte al clima freddo, l'imperatore Marco Aurelio Probo, nel 280 d.C., per contenere i costi di trasporto del vino fino ai confini dell’Impero, oramai diventati insostenibili, ordinò e impose che a Nord venisse coltivato solo il vitigno Heunisch (varietà autoctona della Croazia).
In tutta la valle i Romani hanno lasciato monumenti che sono ancora oggi testimonianza della loro grandezza. Il ritrovamento di una grande nave da trasporto fluviale ci mostra come il vino venisse prodotto non solo per il consumo del luogo, ma anche per il commercio in tutto l'impero.
Con il passare dei secoli toccò a Carlo Magno, verso l’800, promuovere con decisione lo sviluppo della viticoltura tedesca, emanando una serie di leggi in favore di vignaioli e commercianti, con l’obiettivo di incentivare la selezione dei vitigni e delle zone dal maggiore potenziale. Durante tutto il millennio seguente, invece, furono i monasteri ad assumersi il ruolo di divulgatori della cultura qualitativa e quantitativa del vino. Nel XIIsecolo, alcuni monaci cistercensi provenienti da Citeaux, in Borgogna, fondarono nella regione renana il monastero di Eberbach, che nel giro di pochi anni divenne l’azienda vinicola più grande e famosa d’Europa. Questo fu solo uno dei numerosi traguardi dell’enologia teutonica, la cui espansione culminò nel XVI secolo con un patrimonio viticolo di 300.000 ettari (il triplo di quello odierno!) e un consumo pro-capite di 120 litri all’anno (il quintuplo di quello attuale!). Curiosità: nell’inverno 1985/86 all’abbazia di Eberbach furono girati la maggior parte degli interni per il famosissimo film “Il Nome della Rosa”.