Bere bene spendendo il giusto.
La Macchina del Tempo – P.A.I.S.S.A. di Piazza S.Carlo
Ancora un tuffo nel passato con Antonio Dacomo che ci racconta di una vera e propria istituzione enogastronomica a Torino e delle sue alterne fortune.
Era il punto di riferimento per i torinesi amanti delle golosità ricercate, delle spezie più introvabili, degli ingredienti più raffinati. Solo qui si trovavano prodotti esotici e di qualità che arrivavano da ogni parte del mondo. Dal caviale russo al salame d'oca o il prosciutto di cervo, passando per le specialità piemontesi come i Nocciolini di Chivasso. O le più disparate marche di Gianduiotti venduti “sciolti” e naturalmente una scelta incredibile di vini e liquori. L’emporio dei fratelli Paissa, sotto i portici di quel gioiello che è piazza San Carlo, era uno dei più bei negozi di Torino.
La Ditta Cestan, proprietà di un giovane imprenditore cresciuto nel commercio del caffè, aveva da poco acquisito questo meraviglioso tempio della gastronomia e io, appena uscito dalla negativa esperienza della mia enoteca, avevo di buon grado accettato questo prestigioso incarico.
Per un paio d'anni ho operato in quegli uffici al primo piano, sopra il negozio, e in enoteca, a proporre vini e liquori. Poi, combattuto nella scelta tra restare da “Paissa” o trasferirmi in quel di Erbusco da Gualtiero Marchesi che mi aveva cercato, ho preferito la seconda soluzione, molto più impegnativa ma sicuramente di grande prestigio.
Comunque è stata una bella esperienza quella di Piazza San Carlo; muovermi in quel locale storico, sempre pieno di avventori, era gratificante e onestamente mi è dispiaciuto un po’ lasciare. Così ho passato “l’eredità” ad un caro amico, che era venuto dalla Svizzera a studiare a Torino. Molto bravo, alle prime armi con i vini italiani ma che poi sarebbe diventato un grande professionista: Gianni Fabrizio, oggi curatore della Guida dei Vini d’Italia del Gambero Rosso.
Nel 1930 l'attività passa poi alla Prodotti Alimentari Italiani Stranieri Società Anonima, le cui iniziali formano l’acronimo P.A.I.S.S.A., mantenendo formalmente la stessa denominazione. E’ stata gastronomia, enoteca, paradiso di delizie da tutto il mondo, con una sconfinata selezione di prodotti, dai dolci al caviale, passando per cioccolati e liquori.
Passando all’arredo interno: il negozio, di ampie dimensioni, ha un vano vendita a piano terreno. A fianco, uno stretto corridoio immette in una saletta laterale con scala a chiocciola che porta agli uffici dell'ammezzato, secondo lo schema tipico degli esercizi commerciali del secondo Ottocento. La vasta sala vendita è arredata con capienti scaffali e bancone, il tutto molto lineare e sobrio, dell'ultimo ventennio dell'Ottocento.
Il lampadario centrale, esagonale, in ottone cromato con inserti in onice e i paramenti interni delle vetrine con decori floreali sono classici esempi di quell’Art Nouveau che ai primi del ‘900 vide proprio in Torino la sua massima espressione italiana. L'antica soglia d'ingresso, poi inglobata in una vetrina, reca la sigla del locale in marmi policromi con motivi floreali e geometrici.
In catalogo, per omaggiare la memoria dell’emporio che fu, Biraghi ha scelto di non proporre esclusivamente i propri prodotti, selezionando invece specialità gastronomiche di 152 aziende piemontesi, oltre a quelli di alcune realtà valdostane e al Pecorino Etico Solidale, in arrivo dalla Sardegna. Per la selezione dei vini, inoltre, l’azienda si è avvalsa della collaborazione della Banca del Vino di Pollenzo. Territorio, storia e persone sono i tre punti cardine che hanno direzionato gli sforzi, fanno sapere da casa Biraghi. Per questo una delle undici vetrine su strada è stata “musealizzata”, e ora ospita documenti originali che attestano la storia dell’emporio, compresa una lettera dorata dell’insegna originale.