Bianchi Rossi e Bollicine

Bere bene spendendo il giusto.

Bianchi Rossi e Bollicine

Bere bene spendendo il giusto.

La Macchina del Tempo – P.A.I.S.S.A. di Piazza S.Carlo

2021-05-11 15:19:54

Ancora un tuffo nel passato con Antonio Dacomo che ci racconta di una vera e propria istituzione enogastronomica a Torino e delle sue alterne fortune.

Era il punto di riferimento per i torinesi amanti delle golosità ricercate, delle spezie più introvabili, degli ingredienti più raffinati. Solo qui si trovavano prodotti esotici e di qualità che arrivavano da ogni parte del mondo. Dal caviale russo al salame d'oca o il prosciutto di cervo, passando per le specialità piemontesi come i Nocciolini di Chivasso. O le più disparate marche di Gianduiotti venduti “sciolti” e naturalmente una scelta incredibile di vini e liquori. L’emporio dei fratelli Paissa, sotto i portici di quel gioiello che è piazza San Carlo, era uno dei più bei negozi di Torino.
Agli inizio del 1992, non ricordo più chi ma sicuramente un rappresentante di vino, mi riferì che da “Paissa” in Piazza San Carlo cercavano, nell’ambito della nuova gestione da poco iniziata, un sommelier che si dedicasse al beverage.
La Ditta Cestan, proprietà di un giovane imprenditore cresciuto nel commercio del caffè, aveva da poco acquisito questo meraviglioso tempio della gastronomia e io, appena uscito dalla negativa esperienza della mia enoteca, avevo di buon grado accettato questo prestigioso incarico.
Per un paio d'anni ho operato in quegli uffici al primo piano, sopra il negozio, e in enoteca, a proporre vini e liquori. Poi, combattuto nella scelta tra restare da “Paissa” o trasferirmi in quel di Erbusco da Gualtiero Marchesi che mi aveva cercato, ho preferito la seconda soluzione, molto più impegnativa ma sicuramente di grande prestigio.
Comunque è stata una bella esperienza quella di Piazza San Carlo; muovermi in quel locale storico, sempre pieno di avventori, era gratificante e onestamente mi è dispiaciuto un po’ lasciare. Così ho passato “l’eredità” ad un caro amico, che era venuto dalla Svizzera a studiare a Torino. Molto bravo, alle prime armi con i vini italiani ma che poi sarebbe diventato un grande professionista: Gianni Fabrizio, oggi curatore della Guida dei Vini d’Italia del Gambero Rosso.
La storia di “Paissa” inizia in anni lontani: nel 1877 Giuseppe Rodi chiede l'autorizzazione per applicare, al fronte del negozio di prodotti locali e esteri altamente selezionati che lui gestisce, una bella e ampia devanture in noce, conservata ancora oggi. Dopo pochi anni, nel 1884, l'attività è acquisita dai fratelli Paissa, cui si deve la denominazione che rimarrà anche in seguito, diventando uno dei principali importatori di spezie e coloniali di tutta la penisola. Prodotti già pubblicizzati nelle guide Marzorati Paravia del primo decennio del Novecento, difficilmente reperibili altrove e che valsero alla drogheria il titolo di Fornitore Ufficiale della Real Casa.
Nel 1930 l'attività passa poi alla Prodotti Alimentari Italiani Stranieri Società Anonima, le cui iniziali formano l’acronimo P.A.I.S.S.A., mantenendo formalmente la stessa denominazione. E’ stata gastronomia, enoteca, paradiso di delizie da tutto il mondo, con una sconfinata selezione di prodotti, dai dolci al caviale, passando per cioccolati e liquori.
Ecco una descrizione del bellissimo negozio, tratta in gran parte dal sito museotorino.it: nell’ arredo esterno si nota l'imponente devanture a monoblocco in noce, con insegna e zoccolo in marmo Paonazzo di Limone, che incornicia ben undici vetrine e due porte. I montanti, con decorazioni in rame alla base, terminano nella parte alta con mensola a foglia; i due esterni sono più larghi, torniti a lesena, con decorazioni a conchiglia e allori e proseguono in alto con grandi volute che chiudono lateralmente il portainsegna. L'insegna è in marmo con lettere in bronzo. Completa l'arredo esterno la coppia di bacheche-vetrina a pilastro in legno e vetro, con affaccio sul sottoportico.
Passando all’arredo interno: il negozio, di ampie dimensioni, ha un vano vendita a piano terreno. A fianco, uno stretto corridoio immette in una saletta laterale con scala a chiocciola che porta agli uffici dell'ammezzato, secondo lo schema tipico degli esercizi commerciali del secondo Ottocento. La vasta sala vendita è arredata con capienti scaffali e bancone, il tutto molto lineare e sobrio, dell'ultimo ventennio dell'Ottocento.
Il lampadario centrale, esagonale, in ottone cromato con inserti in onice e i paramenti interni delle vetrine con decori floreali sono classici esempi di quell’Art Nouveau che ai primi del ‘900 vide proprio in Torino la sua massima espressione italiana. L'antica soglia d'ingresso, poi inglobata in una vetrina, reca la sigla del locale in marmi policromi con motivi floreali e geometrici.
Come già vi avevo anticipato parlandovi della mia esperienza personale, nel 1992 il Sig. Sada, che da tantissimi anni gestiva “Paissa”, vendette a Mario Pluviano e alla società Cestan l’avviata attività. La nuova gestione, tra alti e bassi nonostante le aperture di altri punti vendita “Paissa” in via Cernaia, in Crocetta e in zona San Paolo, durò un decennio o poco più. Che “Paissa” navigasse in cattive acque lo si intuì fin da quando lasciò la storica sede di piazza San Carlo, a causa di un affitto molto alto che i proprietari non riuscivano più a pagare. Si andò avanti fino alla chiusura definitiva nel 2013, culminata due anni più tardi con la brutta procedura fallimentare che portò a cessare l’attività anche negli altri tre punti vendita aperti nel frattempo a Torino. Travolta dai debiti, terminava così la storia della rinomata bottega, scrigno di delizie enogastronomiche in arrivo da tutto il mondo, paradiso dei gourmet di Torino e dintorni.
E finalmente, dopo questa brutta avventura, a fine 2019 è la Biraghi, quella dei “Formaggi di Cavalermaggiore” per intenderci, ad affittare i locali per riaprire il negozio, totalmente ristrutturato con un complicato progetto di recupero di marmi e arredi dell'800 seguito dalla Soprintendenza dei Beni Archeologici.
In catalogo, per omaggiare la memoria dell’emporio che fu, Biraghi ha scelto di non proporre esclusivamente i propri prodotti, selezionando invece specialità gastronomiche di 152 aziende piemontesi, oltre a quelli di alcune realtà valdostane e al Pecorino Etico Solidale, in arrivo dalla Sardegna. Per la selezione dei vini, inoltre, l’azienda si è avvalsa della collaborazione della Banca del Vino di Pollenzo. Territorio, storia e persone sono i tre punti cardine che hanno direzionato gli sforzi, fanno sapere da casa Biraghi. Per questo una delle undici vetrine su strada è stata “musealizzata”, e ora ospita documenti originali che attestano la storia dell’emporio, compresa una lettera dorata dell’insegna originale.
Antonio Dacomo

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