Bianchi Rossi e Bollicine

Bere bene spendendo il giusto.

Bianchi Rossi e Bollicine

Bere bene spendendo il giusto.

Italian Grape Ale, uno stile tutto italiano.

2021-12-29 09:48:52

Roberto Re ci racconta come sono nate due birre particolari, frutto della collaborazione tra il birrificio Soralamà e le cantine Ascheri. Naturalmente, da bravo sommelier, non ci fa mancare una degustazione in piena regola.

Italian Grape Ale (I.G.A.) è l’anello di congiunzione tra il mondo della birra e quello del vino. Si tratta di una birra che tra i suoi componenti base aggiunge l’uva, sotto forma di frutto, di mosto cotto oppure fresco, come nel caso delle birre di cui andiamo ad occuparci. E’ uno stile non ancora pienamente riconosciuto dal BJCP (Beer Judge Certification Program); infatti per adesso è inserito nella categoria 29, sotto le Fruit Beer. E’ uno stile decisamente recente: era il 2006 quando il birrificio sardo Barley produceva la sua prima birra con sapa di cannonau.

Da buon sommelier sono ovviamente appassionato di vini ma non mi tiro mai indietro se si tratta di bere una buona birra. E siccome sono italiano, ho cercato in questi ultimi tempi di approfondire la mia conoscenza su questo modo (e mondo), se vogliamo un po’ particolare, di fare birra. Quindi, ogni volta che entravo in un birrificio, cercavo una I.G.A., per scoprire l’apporto olfattivo che quel particolare vitigno impiegato poteva regalare alla birra. E devo dire che sono rimasto colpito da  come, anche in minima quantità, questa aggiunta metteva in effetti le ali al bouquet olfattivo.

Però per soddisfare la mia curiosità professionale mancava la caratterizzazione territoriale: da dove arrivava il vitigno utilizzato? E non è cosa da poco: un Nebbiolo coltivato a Barolo è diverso da un Nebbiolo di La Morra a sua volta diverso da quello di Gattinara, pur derivando dallo stesso clone. Per una differenza di terroir, direbbero i Francesi. Quindi se io produco una birra con mosto fresco di Nebbiolo di Gattinara avrà profumi diversi da una prodotta con mosto proveniente da Barolo. Per questo ho pensato che sarebbe stato bello attribuire una spiccata  identità territoriale a una certa I.G.A. e non dire semplicemente: birra italiana, prodotta dal birrificio “Pinco Pallo” con mosto di Nebbiolo. Ed è con questa idea in testa che ho cominciato a mettere insieme le tessere del puzzle.

Così ho pensato di far collaborare due aziende che conoscevo bene, con solide radici sul territorio piemontese, per creare una birra dalla forte identità, tale che il nostro degustatore tipo potesse identificarne perfettamente la provenienza.

Quindi da una parte la Cantina Storica Ascheri di Bra, ultima a rappresentare la storia vitivinicola di questa città della provincia di Cuneo, alle porte di Langhe e Roero. Dall’altra il birrificio Soralamà di Vaie, posto all’ingresso della valle di Susa , sotto la maestosa sagoma della Sacra di San Michele, simbolo del Piemonte. Fortunatamente il progetto venne accolto con grande entusiasmo da entrambe le parti, proprietari ed enologi della cantina e del birrificio. Dovete sapere infatti che il mastro birraio di Soralamà è anche un bravo enologo: ecco perché ho detto enologi al plurale. Era il 2019 , a questo punto si doveva scegliere il vitigno. Il Nebbiolo, risposero tutti, perché il più nobile ed espressivo, anche se molto difficile da “domare”.

Non è stato facile in effetti tenerlo a bada e solo grazie alla tenacia di Lorenzo Turco, mastro birraio ed enologo di Soralamà, siamo riusciti dopo quasi 3 anni ad avere una birra, o meglio due, una chiara e una rossa, molto, molto interessanti: armoniche e uniche nel loro stile, decisamente diverse da qualunque altra oggi in commercio, utilizzano un mosto di provenienza certificata, quello del Cru  Ascheri di La Morra.

Lorenzo ha preferito fermentare con lieviti lager, saccharomyces pastorianus; bassa fermentazione per far risaltare i profumi freschi del Nebbiolo.

Dopodichè la birra viene spumantizzata con metodo Charmat/Martinotti per un lungo periodo, imbottigliata in isobarica e poi lasciata a riposo per parecchio tempo, a temperatura controllata, prima di essere commercializzata.

La produzione avviene una sola volta l’anno, perché si usa esclusivamente mosto fresco e quindi la quantità prodotta è decisamente limitata.

Sull’etichetta compare la sagoma stilizzata della Sacra di San Michele, in particolare della torre Bell’Alda. La leggenda vuole che da questa torre si fosse buttata una ragazza molto bella di nome Alda, per sfuggire alle violenze dei mercenari che avevano dato l’assalto al monastero. Due angeli mandati dalla Madonna accorsero in suo aiuto depositandola incolume al suolo. Ma siccome nessuno volle credere al suo racconto, lei sfidò la sorte gettandosi una seconda volta dalla torre. Questa volta però il suo fu considerato un gesto di superbia e nessuno dal cielo corse in suo aiuto, lasciando che si sfracellasse sulle rocce.

Bell’Alda era però un nome complicato per cui lo abbiamo accorciato in Bellà , sicuramente più facile da maneggiare. 

La birra chiara l’abbiamo chiamata Gold per il colore giallo dorato intenso, e per la rossa abbiamo scelto Rosè, anche qui in omaggio alla tonalità.

Dal punto di vista della degustazione possiamo dire che entrambe si presentano molto limpide; la schiuma forma un cappello bello spesso e corposo che si assottiglia molto lentamente. La Bellà Gold , ha sentori di agrumi e miele molto spiccati , lievito e crosta di pane,  in secondo piano di fiori e frutta a bacca rossa che ricordano il nebbiolo. In bocca ha una bella freschezza e una buona persistenza. Per essere apprezzata al meglio dobbiamo servirla sui 12 gradi in un bicchiere con calice a tulipano ampio.

Ora veniamo alla rossa o meglio alla Rosè, per il suo colore rosato luminoso bellissimo.

Al naso la musica cambia radicalmente; qui il vitigno è il primo a sentirsi con i profumi di viola e frutta a bacca rossa , anche se sentori vinosi non mancano. Il tutto completato da un bouquet di lievito, pan brioche e agrumi. In bocca ha un attacco freschissimo, sicuramente più secca della prima ma con un finale più lungo. Il mosto a contatto con le bucce ha rilasciato anche un po’ di tannino che esalta la spiccata identità di questa birra.

Per quanto riguarda gli abbinamenti direi che la prima è una birra più adatta ad aperitivi e primi mentre la seconda si abbina perfettamente ad una carne rossa.

Grado alcolico 7,5 gradi, ben mascherato direi, come per tutte le birre prodotte da Lorenzo.

Roberto Re

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