Bere bene spendendo il giusto.
Il Vino degli Abissi
Vabbè, dai, non esageriamo. Di veri e propri abissi non si tratta, dato che parliamo di profondità intorno agli 8 metri. Però l’esperimento è davvero interessante e Antonio Dacomo ci racconta in anteprima i risultati di una degustazione assolutamente fuori dal convenzionale.
Non è di certo la prima volta che si prova ad affinare il vino sott’acqua ma fino ad oggi si è sempre trattato di spumanti. Invece qui parliamo di un classico rosso piemontese, un Nebbiolo d’Alba, e di un confronto molto serio tra vino tenuto sott’acqua e lo stesso invecchiato per ugual periodo in cantina. Chi poteva prestarsi ad un assaggio così impegnativo? Ma che domanda, il nostro campione sommelier Antonio Dacomo, ça va sans dire. Facciamoci raccontare com’è andata.
Non mi sarei mai aspettato, nonostante il mio lungo percorso degustativo, di imbattermi in un’esperienza come questa, semplicemente strabiliante. Però mai dire mai, ed infatti eccomi qui a raccontarvi tutto per filo e per segno. Vediamo anzitutto di fare un passo indietro e di delineare la cornice nella quale si sono svolti i fatti. L’amico Silvio Barberis, gran capo dell’ONAV di Saluzzo e già Delegato di Cuneo negli anni in cui ero Presidente dell’AIS Piemonte, mi invita a questa singolare degustazione. Appuntamento a Marene con altri due grandi assaggiatori, Michele Alessandria e Silvio Locatelli, quest’ultimo pure lui ex Delegato AIS. Giusto per imboccare l’autostrada e proseguire fino a Noli, ridente paesino sulla costa nei pressi di Savona, dove i nostri ospiti ci attendono. L’appuntamento è al Nemo’s Garden, il primo orto sottomarino operativo in Italia.
Ne avevo già sentito parlare in diverse trasmissioni televisive (Geo, Freedom, Linea Verde) ma vedere all’opera un numero impressionante di sub impegnati a spostare le biosfere in settori più profondi per sottrarle ai pericoli delle mareggiate invernali ci dà l’esatta dimensione di questa impresa che sembra uscita dalla fantasia di Jules Verne.
Facciamo conoscenza con il “Boss”, il simpaticissimo Sergio Gamberini, esperto di mare e di immersioni subacquee e di sua moglie, persona entusiasta e solare. Ci spiegano brevemente i lavori che vediamo in corso ed i motivi per cui sono necessari. Dopodiché ci fanno visitare il centro operativo, stipato di computer, monitor e quadri di comando, tramite i quali con l’ausilio di telecamere piazzate ovunque si tengono sotto controllo i dati di tutte le biosfere.
Giusto per inquadrare meglio il personaggio diciamo che Sergio Gamberini, laureato in Ingegneria Chimica all’Università di Genova, si è specializzato al CERISIE di Milano sulle tecniche di stampaggio della gomma. Già Presidente, per sette anni, dell’Associazione Nazionale della Subacquea (produzione, turismo, educazione), attualmente è Presidente del Gruppo OCEAN REEF, con 72 anni di operatività in Italia e uno stabilimento operativo a San Diego, California.
Da un paio d’anni ha creato il Nemo’s Garden, il primo orto sottomarino made in Italy. Le coltivazioni si trovano a Noli, sui fondali delle spiagge in costa Ovest. Queste serre, che il Washington Post ha definito le più belle e originali al mondo, sono delle biosfere trasparenti calate in acqua a circa 7 metri di profondità e riempite d’aria. In questo modo si crea un "ecosistema" che, grazie a percentuali di umidità e temperatura ideali, consente la coltivazione di varie piante come fragole, basilico, lattuga, maggiorana e tante altre. In questo orto sottomarino il "contadino" per prendersi cura delle sue piante deve indossare pinne e maschera ed essere per lo meno un bravo apneista se non un sub in piena regola. Le biosfere in materiale acrilico trattengono al loro interno una bolla d’aria che pareggia la pressione dell’acqua e l’operatore può muoversi e respirare senza problemi in questo ambiente fantascientifico.
Le specie vegetali possono crescere rigogliose grazie alla luce del sole, mentre il calore diurno condensa acqua pura per la loro coltivazione idroponica che garantisce anche l’assenza di parassiti e muffe. Gli operatori subacquei possono entrare dal fondo per curare la coltivazione e raccogliere periodicamente foglie di basilico, fiori e frutti dalle proprietà particolari, sviluppate in ragione della maggiore pressione atmosferica e delle condizioni di umidità e pressione controllate.
Ma torniamo al nostro compito. Spinti da amici piemontesi, soprattutto da Paolo Bonatesta di Saluzzo, si è voluto tentare un nuovo esperimento: affinare dei vini rossi in mare, vicino alle loro biosfere. Ed è così che due anni fa hanno collocato alcune bottiglie di Nebbiolo da Barolo a otto metri di profondità mentre altre esattamente identiche venivano tenute in cantina.
Alcuni mesi fa poi, sull’onda dell’entusiasmo, hanno anche posizionato una botticella di 30 litri, nuova e di rovere, piena di nebbiolo, per un secondo esperimento enologico. Logicamente un’altra botticella uguale è stata alloggiata in cantina.
Ed è qui che entriamo in gioco noi. I nostri amici del Nemo’s Garden e Bonatesta ci hanno interpellati per assaggiare, logicamente alla cieca, i quattro campioni di Nebbiolo. Nella bellissima cornice del mare Ligure, sotto un ombreggiato porticato, ci siamo quindi apprestati a questa prova di grande responsabilità.
Negli ultimi anni le degustazioni ci hanno portato ad assaggiare parecchi spumanti affinati sotto il mare, a volte anche con risultati non così gratificanti come ci si aspettava. Questa potrebbe essere la prima degustazione di vini rossi affinati in mare.
DEGUSTAZIONE del 25/09/2021, presso il NEMOS'S GARDEN di NOLI
Prima degustazione alla cieca. Due campioni di Nebbiolo d'Alba 2017 in bottiglia, uno affinato 24 mesi a 8 metri di profondità e l'altro tenuto coricato in cantina per lo stesso periodo.
Esame visivo, primo colpo d'occhio. I campioni sono uguali, un bel rosso granato abbastanza intenso e limpido, molto piacevole, con una viscosità pronunciata e lacrime che fanno presagire un vino di buon corpo.
In una seconda e attenta analisi si ha l’impressione che il campione “A” sia leggermente più carico nel colore; ma sono nuances quasi impercettibili, difficili da cogliere.
Al naso, all’inizio ambedue sono un po’ chiusi, comunque nell’insieme profumi molto fini ed eleganti. Poi, nell’ossigenazione dei due campioni, viene fuori il vino “A”, molto più elegante, mentre il “B”, ottimo anche lui, dona sensazioni più sapide.
All’esame gustativo i vini si presentano di ottima stoffa, con corpo pieno e tannicità esuberante, anche se il “B” dà l’impressione di essere più avanti nell’evoluzione, mentre l”A” è elegante e veramente ottimo.
In finale, preferiamo di gran lunga il campione “A”, anche se comunque le differenze sarebbero veramente minime per una persona non allenata. L’impressione è quasi come se il campione “B” fosse stato conservato un po’ meno bene.
Scoprendo le bottiglie, la qualità del vino “A” conferma la validità dell’affinamento sott’acqua, mentre il “B” che pare meno raffinato è stato conservato in cantina. Si tratta in entrambi i casi di un Nebbiolo d’Alba Collina San Ponzio dell’Azienda Agricola Collina San Ponzio di Barolo.
Seconda degustazione alla cieca. Due campioni di Nebbiolo d'Alba 2020, affinati ambedue in botticelle di rovere nuove da 30 litri, uno tenuto a 8 metri di profondità per 3 mesi e l’altro per lo stesso periodo in cantina.
Esame visivo. I due campioni si presentano completamente diversi, il campione “C” è di un rosso rubino carico e limpido mentre il campione “D” è un rosso granato abbastanza carico. In ambedue la viscosità è ben presente e traspare un’aspettativa di vino di buon corpo.
Al naso, il vino “C” ha delle puzzette tipiche da “ridotto” mentre nell’altro campione “D” traspare un’eleganza superiore, si può dire fine ed intenso nei profumi.
Anche all’esame gustativo i vini si differenziano; il “C” al gusto è meglio che al naso, è un buon vino gradevole e piacevole. Il “D” però in bocca è molto più gradevole, tannico, intenso e anche più morbido dell’altro.
Ho aspettato un po’ di tempo e, con l’ossigenazione, il campione “C” è migliorato, si è evoluto e ha perso il "ridotto". E’ diventato più elegante al profumo mentre il “D” ha cominciato a cedere leggermente in piacevolezza.
Al palato stessa storia, con l’ossigenazione il “C” è nettamente migliorato.
Scoprendo le bottiglie, vediamo che il campione “C” è stato conservato sott’acqua mentre il “D” in cantina. Il vino usato per riempire le botticelle è un Nebbiolo di Luca Marenco di Barolo.
A questo punto cerco di riordinare le impressioni e traggo le mie conclusioni, ampiamente condivise dai colleghi. L’affinamento subacqueo sembra essere efficace per il vino in bottiglia che già abbia avuto una sua prima evoluzione in legno o altri contenitori.
Nel caso delle botticelle invece sembra quasi che sott’acqua, dove è impossibile la traspirazione, il tempo si sia fermato e il vino non sia maturato come quello lasciato in cantina. Prova ne sia che il campione subacqueo è rapidamente migliorato con l’esposizione all’aria, mentre quello arrivato dalla cantina, pur avvantaggiandosi anche lui dell’ossigenazione, ha mostrato di essersi evoluto maggiormente e di essere più stabile.
Antonio Dacomo