Bianchi Rossi e Bollicine

Bere bene spendendo il giusto.

Bianchi Rossi e Bollicine

Bere bene spendendo il giusto.

Cristina Ascheri: seconda parte dell’intervista.

2022-02-21 14:00:14

Seconda parte della lunga chiacchierata tra Antonio Dacomo e Cristina Ascheri, senza dubbio una delle più rappresentative “donne del vino” dei nostri tempi.

A: E’ vero che mio cugino, il medico Dott.Dacomo, aveva lo studio proprio qui?

C: Si, è vero, lo studio glielo abbiamo affittato noi e qui ha iniziato la sua professione di medico, proprio lungo la strada, dov’era nata la nostra attività. La nostra cantina si era già spostata all’interno del cortile. E quando questa ha cominciato ad essere piccola con lo sviluppo dell’attività, negli anni ’60 mentre ancora c’era mio marito, si è iniziato ad ampliare la cantina alle dimensioni attuali. Superando vari  ripensamenti circa un ritorno a La Morra, che nel frattempo era diventata importante e attrattiva, ma la decisione fu di rimanere: qui ci hanno portato i nostri vecchi e qui rimarremo. E ti dirò che sono contentissima perché qui ci troviamo bene, qui è la nostra realtà.

A: Cosa ne pensi di queste nuove mode del vino? 

C: Io penso che chi apprezzava il nostro vino delle Langhe cinquant’anni fa se bevesse quello che commercializzano oggi storcerebbe il naso. Perché erano abituati a bere un vino diverso, con carattere più deciso.

A questo proposito dico che la Francia ha fatto scuola e ha insegnato al mondo a bere vino. Così se tu volevi vendere il tuo vino dovevi proporre un prodotto più facile da bere e apprezzare. I nostri vini, molto buoni e molto importanti, erano però più difficili da capire e questo è stato lo scoglio che hanno dovuto superare i nostri produttori: andare incontro al gusto internazionale senza stravolgere il carattere dei nostri prodotti.

Noi seguiamo la nostra strada, che è quella della tradizione, del territorio. Rispettiamo tutte le idee, tutte le esperienze, tutta la voglia di fare, però restiamo molto legati a quello che ti dà la nostra terra, a quel patrimonio di esperienza che ci viene dalla tradizione. E comunque non condanniamo e non critichiamo chi invece segue nuove vie. L’importante è essere molto responsabili e coerenti, molto sicuri e convinti di quello che si fa. Perché quando presenti il tuo vino, ti fanno delle domande e tu devi rispondere trasmettendo la tua convinzione e il tuo entusiasmo; se tu stesso non sei così determinato è meglio lasciar perdere.

A: Siete una delle poche cantine che hanno a listino annate vecchie: è un ottimo servizio per il cliente.

C: Certo, per i prodotti più prestigiosi possiamo farlo. Questo in conseguenza del fatto che i vigneti sono di nostra proprietà e da questi possiamo trarre il meglio ad ogni vendemmia. Questi stessi vigneti una volta erano condotti a mezzadria e ciò cosa voleva dire? Semplicemente il contadino che abitava e coltivava le nostre aziende cercava di fare tanta produzione di uva piuttosto che cercare la qualità. Quando si è cominciato a pretendere più qualità che quantità la mezzadria non ha più avuto senso di esistere. Per fortuna, dico io, perché finalmente riuscivi a tirar fuori dal terreno quel che tu volevi, quella qualità che fa grandi vini.

Ripenso a quando in autunno si faceva la prima vendemmia, cioè si diradavanno i grappoli e si lasciavano cadere a  terra senza raccoglierli, per dare vantaggio a quelli che restavano sulla pianta in modo che crescessero al meglio. Ebbene, i nostri mezzadri le prime volte che mio marito faceva questo diradamento, stavano male; per loro era una cosa inconcepibile, uno spreco ingiustificato.

A: Ma pensavi che i tuoi figli e i tuoi nipoti ti seguissero nelle vostre attività?

C: Vuoi che ti dica una cosa? Noi non abbiamo mai obbligato nessuno, non ho mai obbligato i miei figli a fare questo lavoro. L'hanno deciso loro, perché se lo decidono loro è una cosa diversa, poi ci credono. Mio figlio l'ha deciso lui, te l’ho già raccontato; mia figlia forse all’inizio si è trovata un po’ coinvolta  suo malgrado, poi però si è integrata benissimo. Quando abbiamo di nuovo avuto liberi i locali sulla strada, dove adesso c'è l'osteria, Matteo viene a vedere e dice: qui adesso facciamo un'osteria. Ma come facciamo un’osteria? Chi la conduce? Io avevo ancora mia mamma e mia suocera. Le nonne fanno bene le acciughe al verde, si sa, è la loro specialità. E allora sotto, vai con le acciughe... Ricordo il primo Capodanno in cui abbiamo aperto: c'era mia figlia, un suo amico che l'aiutava e una donna che avrebbe dovuto far da mangiare, avrebbe dovuto ma non era esattamente una cuoca... Sì, ma tanto facciamo una cosa semplice, facciamo la polenta, la polenta con il sugo.  Mi ricordo che, alle 11 di sera, dall'Osteria sono corsa nella mia cucina, ho preso la pentola più grande che avevo e anch'io mi sono messa a fare la polenta, perché quella che facevano in Osteria non era sufficiente... L’Osteria è stato un impegno duro; la mia vita lavorativa è sempre stata molto intensa e molto complicata, ma i sei mesi che ricordo con più affanno  sono i primi sei mesi di apertura dell’Osteria.

Perché non era il nostro mestiere, mia figlia faceva ancora l’insegnante, la sera si finiva tardissimo, perché non eravamo pratici... Io nella mia vita lavorativa momenti difficili ne ho avuti parecchi, mio marito mi lasciò qui con tutto da fare, però niente mi è stato di peso e di preoccupazione come i primi sei mesi dell’Osteria. Adesso per fortuna è tutto cambiato, mia figlia ha lasciato l’insegnamento per occuparsi a tempo pieno dell’Osteria e anche il locale ha imboccato la sua strada, ormai anche questo che era un problema oggi viaggia serenamente per conto suo (Covid permettendo...)

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