Bianchi Rossi e Bollicine

Bere bene spendendo il giusto.

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Cosa c’entrano gli antichi Romani con i vini di oggi? Marco Aurelio Probo, l'imperatore del vino.

2021-03-26 11:17:25

C’entrano, eccome se c’entrano…Un Imperatore romano, vissuto nel III secolo d.C., con le sue scelte ha aperto la strada alla viticoltura europea. Antonio Dacomo ce lo racconta per filo e per segno.

Possibile che le coltivazioni viticole e la produzione di vini dei nostri giorni siano il risultato di scelte e decisioni prese quasi duemila anni orsono? Ebbene si; Antonio Dacomo, da grande appassionato di tutto quanto ha a che fare col vino, ci guida in un affascinante viaggio nel passato a conoscere personaggi e fatti storici che hanno creato i presupposti per la moderna viticoltura.
Figura centrale di questa ricerca sulla diffusione della vite in Europa è l’imperatore Marco Aurelio Probo (da non confondere con il più conosciuto Marco Aurelio Antonino Augusto, imperatore e filosofo, vissuto esattamente un secolo prima). Personaggio poco considerato dalla storiografia ufficiale fu un militare impegnato nella difesa dei confini dai sempre più frequenti assalti dei cosiddetti barbari, muovendosi dai territori dell’est fino alla Gallia. In soli sei anni (dal 276 al 282 d.C.) lasciò segni importanti, come il completamento della cinta muraria di Roma, iniziata da Aureliano. Ma quello che più interessa a noi è l’attenzione per l’agricoltura dimostrata da questo combattente; nelle pause tra una campagna e l’altra, per tenere impegnate le legioni, utilizzò l’esercito in vaste operazioni di bonifica e riconversione agricola. Soprattutto cancellò l’editto di Domiziano, col quale due secoli prima questi aveva proibito la coltivazione della vite nelle province dell’ Impero, nell’intento di promuovere il ritorno al frumento e ai cereali in generale, come prevenzione di eventuali carestie. Immediatamente la coltivazione della vite riprese vigore al di là delle Alpi e si spinse a latitudini decisamente pionieristiche, dove oggi troviamo lo Champagne e il Riesling, tanto per capirci. Quindi due capisaldi della produzione vinicola europea traggono la loro origine dalle decisioni prese quasi duemila anni orsono da un vigoroso condottiero, senza nulla togliere alle schiere di enologi che poi hanno perfezionato il tutto nei secoli a venire.
Antonio Dacomo va decisamente a fondo delle questioni, senza mai diventare cattedratico nonostante l’evidente padronanza dell’argomento, mantenendo uno stile discorsivo che cattura e incuriosisce il lettore. Data la mole considerevole della trattazione la suddivideremo in quattro parti.

La storia del vino attraversa i secoli come un fiume carsico, lontana dai re e dalle battaglie ma vicina, vicinissima agli uomini. E’ impressionante scoprire come ancora oggi questo fiume carsico - in tutta Europa - abbia riservato al proprio Imperatore l’affetto che si nutre per il padre e la considerazione che si riserva al genio.
Marcus Aurelius Probus nasce e muore a Sirmio, l’odierna Sremska Mitrovica, non lontano da Belgrado. Viene al mondo il 9 agosto 232 ed è ucciso da soldati congiurati, insofferenti per i ritmi di lavoro loro imposti, fra il settembre e l’ottobre 282: muore dunque cinquantenne. A vent’anni è tribuno militare e nella sua vita non farà altro che il militare. Ebbe una madre della pannonia e una moglie aquitana. Ma ciò che più impressiona è che diventa imperatore nel 276, a quarantaquattro anni. Tutto ciò che Probo realizzò, in pratica, fu il frutto di soli sei anni di regno.
Probo, dopo duemila anni, è ovunque nel mondo del vino. Probo è nell’etichetta della Cuvèe Prince Probus, dedicatagli dai francesi del Cahors in segno di gratitudine per l’Editto che nel 280 cancella il divieto di Domiziano e incoraggia l’impianto delle viti in tutte le terre occupate da Roma. Domiziano infatti, due secoli prima, aveva proibito la coltivazione e ordinato l’espianto della vite in tutti i territori al di là delle Alpi, nell’intento di reintrodurre frumento e graminacee come difesa in vista di possibili carestie.
Probo spicca nell’ ”Historia Augusta” come “colui che garantì ai Galli, agli Ispanici e ai Britanni di coltivare vigneti e fare vini, ed egli stesso scelse e piantò le viti con le proprie mani sul Monte Alma vicino a Sirmio in Illiria”. Probo è nel busto in marmo innalzato dai vignaioli locali, posto a sorvegliare lungo la Mosella i vigneti che egli incoraggiò, facendo di Augusta Treverorum la capitale della viticoltura tedesca. Il suo nome battezza una miriade di cantine, alberghi, ristoranti lungo il corso del Danubio, che per Probo fu il confine lungo il quale erigere mura difensive e vigneti. Si chiama Probus un’eccellente etichetta del Reno, perché senza di lui non vi sarebbero stati i vigneti nella valle oggi così celebre, così come Probo sbuca da cento trattati storici e antiche pergamene. 
Recenti studi di genetica, tramite analisi del DNA, hanno dimostrato che le viti della Borgogna discendono tutte da un antenato comune, un vitigno che era stato importato da Probo dalla Dalmazia, e che subì successive ibridazioni, cioè trasferimento di materiale genetico da una specie all’altra, attraverso ripetuti incroci.
Per la britannica "An Enciclopaedia of Gardening" “i più vasti impianti furono realizzati in Inghilterra verso la fine del III secolo, durante il regno dell’imperatore Probo”, e le pagine dello storico Edward Gibbon lo immortalano come colui che “esercitò le sue legioni a coprire di ricche vigne le colline della Gallia e della Pannonia, così come Annibale, per preservare le sue truppe dalle pericolose tentazioni dell’ozio, le aveva obbligate a fare vaste piantagioni di ulivi lungo la costa dell’Africa. Un esercito così impiegato componeva forse la più utile e la più coraggiosa porzione dei sudditi Romani”. Stando poi ai biografi della sua era “Probo celebrò a Roma i suoi trionfi sui nemici e si impegnò a garantire un’era di pace e di benessere. In tempo di pace egli impiegò i suoi soldati nella realizzazione di pubbliche opere, costruendo templi e ponti, regolando i fiumi e scavando canali e piantando vigneti specialmente in Gallia, Pannonia e Mesia”.
Insomma un profilo - quello che emerge dalla memoria bimillenaria dei produttori di vino così come dalle centinaia di citazioni degli storici - che fa dell’era di Probo la stagione nella quale la forza di Roma impianta la vite dal Vallo di Adriano, che protegge la Britannia, alle acque iberiche di Cadice. Dall’intera Gallia sino alle fredde lande germaniche, dalla Dalmazia e l’Illirico (odierna Serbia e Macedonia) sino alla Pannonia e alla Mesia (Ungheria, Romania,Bulgaria), seguendo il Danubio. Senza naturalmente dimenticare l’Italia, nel frattempo divenuta la parte meridionale dell’impero insieme alle regioni africane che costeggiano il Mediterraneo sino all’Egitto. Un profilo, dunque,che fa di Probo l’assoluto e unico protagonista di una scelta che ha cambiato la storia del vino. Un uomo che forse merita l’iscrizione impressa nella lapide funeraria - Qui giace l’imperatore Probo, uomo veramente degno di questo nome, altrettanto prode che virtuoso, fu vincitore e di tutte le barbare nazioni e di tutti gli usurpatori - ma che per quanto riguarda la nostra storia assume un peso senza dubbio irripetibile.

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