Bianchi Rossi e Bollicine

Bere bene spendendo il giusto.

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Bollicine: come nascono?

2021-03-15 16:48:34

L'anidride carbonica prodotta nella seconda fermentazione crea effervescenza. I metodi sono essenzialmente due: vediamo quali.

Metodo Classico
Il metodo classico (o méthode Champenoise) prende il nome dalla regione della Champagne, in Francia, dove si suppone sia stato inventato (anche se qualche precedente italiano pare documentato) e dove sicuramente è stato codificato ed affinato nei secoli.
La tradizione vuole che sia stato il monaco benedettino Pierre Pérignon (Dom Pérignon) nell’ abbazia di Saint-Pierre d'Hautvillers, a nord di Épernay, ad affinare e codificare il metodo per produrre un vino spumante di altissima qualità.
Tale metodo prevede una rifermentazione del vino base direttamente in bottiglia, dove questo processo viene stimolato e favorito con l’aggiunta di lieviti e zuccheri (liqeur de tirage) accuratamente selezionati secondo ricette che ogni produttore custodisce gelosamente.
Le bottiglie dovranno poi riposare in posizione orizzontale per permettere l’affinamento dei lieviti. Tale processo richiede un periodo decisamente prolungato che di solito dura dai 18 fino ad oltre 30 mesi. In questa fase le bottiglie sono chiuse con un semplice tappo a corona, come quelli delle bibite, che verrà poi eliminato nelle fasi successive del processo.
Trascorso tale periodo si comincerà il remuage, ovvero la rotazione quotidiana della bottiglia di 1/8 di giro con un’inclinazione tale da permettere la lenta caduta delle fecce verso il collo della bottiglia nell’arco di 1-2 mesi. A questo scopo sono stati costruiti i pupitres, cioè degli scaffali di legno dalla particolare conformazione che permette di mantenere le bottiglie nella giusta posizione e di ruotarle ogni giorno variandone periodicamente l’inclinazione.
Raggiunta la posizione quasi verticale si potranno eliminare le fecce raccolte sotto il tappo attraverso la sboccatura o dégorgement. Un tempo si stappava la bottiglia e per effetto della pressione fuoriusciva il residuo da eliminare; oggigiorno vi sono macchinari appositi che congelano il collo della bottiglia in modo da intrappolare le fecce in un cilindretto di ghiaccio che viene espulso sempre per effetto della pressione, senza perdite eccessive di prodotto.
Dopo la sboccatura bisognerà infine rincalzare la bottiglia con lo sciroppo di dosaggio, detto liqueur d’expèdition, costituito da vino e zucchero o molto raramente distillato, anche in questo caso ricetta diversa e segreta di ogni singolo produttore. Il tutto sarà completato col caratteristico tappo di sughero e la gabbietta metallica per evitare che la pressione (fino a 6 atmosfere) possa farlo saltare.
Metodo Charmat o Martinotti
Il cosiddetto “Metodo Charmat” sarebbe più giusto chiamarlo “Metodo Martinotti”.
Infatti fu inventato alla fine del Diciannovesimo secolo da Federico Martinotti, divenuto poi direttore della Regia Stazione Sperimentale per l’Enologia di Asti, il quale introdusse e brevettò nel 1895 la fermentazione in grandi recipienti a tenuta stagna. Ma fu poi il francese Eugène Charmat che attorno al 1910 brevettò e mise in commercio le attrezzature per rendere operativo questo procedimento e quindi il metodo divenne conosciuto nel mondo con il nome francese.
In questo processo la fermentazione avviene in un’autoclave pressurizzata e a temperatura controllata, per un periodo breve che va dai 30 giorni ai 6 mesi, durante il quale gli zuccheri presenti vengono trasformati in alcool e anidride carbonica ad opera dei lieviti. Il prodotto della spumantizzazione viene quindi subito imbottigliato ed è pronto per essere consumato.
E’ evidente che questo metodo di lavorazione porta a grossi risparmi sia di tempo, per la più rapida azione dei lieviti, che di operazioni, eliminando di fatto le lunghe e costose manovre di remuage, per cui si è rapidamente guadagnato il favore delle grandi produzioni industriali.
I risultati dei due metodi
Com’è logico aspettarsi, due lavorazioni così diverse non possono che portare a prodotti con caratteristiche ben differenziate, con chiari vantaggi qualitativi a favore del Metodo Classico.
Il risultato del Metodo Classico sarà un vino complesso, che valorizza i sentori di lievito e dell’uva, dalla bollicina fine e persistente, poiché la lunga permanenza in bottiglia permette alle bollicine di legarsi alle proteine e amalgamarsi perfettamente al vino.
Tanto per sgombrare il campo da ogni dubbio, tutti i grandi spumanti, che siano Francesi, Italiani o di altri Paesi nascono col Metodo Classico.
Negli spumanti a Metodo Martinotti, grazie alla rapidità della lavorazione, vengono esaltate le note aromatiche e fruttate; da qui l’impiego per la produzione di vini meno strutturati ma più freschi e ideali per l’aperitivo. Un esempio per tutti il Prosecco, che si sta rapidamente guadagnando il titolo di spumante più bevuto al mondo, proprio per la facilità con cui lo si può gustare nelle occasioni più disparate.
Si può quindi riconoscere uno spumante Metodo Charmat da un Metodo Classico? In linea di massima si, anzitutto dalle bollicine, più grossolane nello Charmat mentre nel Classico sono piccolissime. Poi dai profumi di crosta di pane, lievito, pan brioche e una complessità di aromi che lo Charmat non può avere. E cosa dire del colore: più tendente al verdolino nel Martinotti mentre si va dal paglierino fino ad arrivare ai riflessi dorati negli spumanti Metodo Classico più evoluti.
Inoltre, la longevità di quest'ultimo è risaputa; fin quando rimane in affinamento sui lieviti si potrebbe asserire che non ha “scadenza”. Per ultimo, ma non meno importante, per il prezzo: partiamo da pochi Euro di certi Charmat per arrivare alle migliaia di Euro di qualche prestigioso Champagne d’annata.

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