Bianchi Rossi e Bollicine

Bere bene spendendo il giusto.

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Anche Bordeaux deve dire grazie ai Romani?

2021-04-19 10:32:18

Pare proprio di si, almeno secondo i due più famosi storici dell’epoca. Antonio Dacomo conclude il suo viaggio nell’antichità raccontandoci le origini dei famosi vini di Bordeaux. E ci spiega che ai tempi di Augusto a Pompei c’era…

Bordeaux è patria di vini senza dubbio tra i più famosi al mondo, conosciuti ed apprezzati in ogni angolo della terra. Andando a ritroso nel tempo, scopriamo che ancora una volta all’origine di queste coltivazioni vinicole ci sono gli antichi Romani, che di pari passo con la conquista militare dei territori portavano la loro cultura e le loro conoscenze in campo agricolo. Senza contare che produrre vino, possibilmente vino buono, nelle nuove regioni conquistate era un’esigenza dettata da considerazioni pratiche ed economiche. I legionari di stanza nei nuovi territori reclamavano abbondanti forniture di vino all’altezza delle loro aspettative e i costi di trasporto, man mano che ci si allontanava dal suolo italico, crescevano a dismisura.
Quindi queste zone della Gallia meridionale, dalla Provenza all’Aquitania, furono ben presto coperte di rigogliosi vigneti che si sono mantenuti, migliorandosi ed affinandosi nel tempo, fino ai giorni nostri.
Ma ai tempi di Augusto, la città più famosa di tutto l’impero per i suoi vini era Pompei. Noi oggi sappiamo che si trattava di un centro importante, dedito al commercio e impreziosito dalle ricadute economiche di questi scambi commerciali. Ebbene, la maggior parte di essi riguardavano proprio la produzione e la distribuzione del vino, talmente conosciuto ed apprezzato da essere presente in tutti gli angoli dell’impero. Proprio come i vini bordolesi dei giorni nostri. Dagli scavi sono emerse importanti testimonianze di queste attività, cancellate improvvisamente dall’eruzione del 79 d.C.
Oggi in tutta la Campania ci sono produzioni di pregio che riscoprono vitigni autoctoni e mantengono viva la tradizione del vino di qualità, ma di questo ci occuperemo più a fondo prossimamente con qualche post dedicato all’argomento.
Antonio Dacomo conclude qui il suo interessante viaggio nell’antichità ma già ha pronti diversi altri spunti intriganti per tenerci compagnia nelle prossime settimane. 
Bordeaux fu fondata nel III secolo a.C. sotto il nome di Burdigala dai Bituriges Vivisques (letteralmente “Biturici spostati”), un popolo gallico della regione di Bourges. La prima ubicazione è situata sulla foce della Devèze, un affluente della Garonna, vicino all'estuario della Gironda. La nascita di Burdigala non è legata alle qualità del luogo poiché, città di sbocco fluviale situata su di un'altura del tavolato delle Lande, fu a lungo circondata da paludi pestilenziali. Si trattava all'epoca di un emporium, ossia un centro del commercio con l'estero, che controllava le rotte dello stagno e del piombo tra i porti gallici della Loira e la Repubblica romana.
Dopo l'arrivo dei romani, Burdigala si sviluppò velocemente e finì per diventare una delle città più opulente della Gallia. Nel III secolo d.C. Burdigala diventa capitale amministrativa dell'Aquitania romana, una delle tre parti nelle quali Giulio Cesare aveva diviso la Gallia conquistata. Il poeta Decimo Magno Ausonio, uno degli uomini più colti dell'impero, nato proprio a Burdigala nel 310 d.C., descrive nell'Ordo urbium nobilium e in diverse altre opere le terre verdeggianti di vigne lungo il fiume, elogiando la città come un mirabile territorio di vino. Egli stesso fu certamente proprietario di vigneti e vuole la tradizione che uno di questi sia sempre stato coltivato, fino ai nostri giorni, diventando il famoso premier cru Chateau Ausone.
Ma come si è arrivati a questa splendida realtà, partendo dalle paludi di qualche secolo prima? Gli impianti delle viti a Burdigala hanno un inizio molto complicato. L'area, come già detto, è infestata di paludi, il terreno ghiaioso inizialmente non ispira i coloni romani, meno che mai  convinti che in una regione nordica e dal clima così ostile la vite possa dare i suoi frutti migliori. Altrettanto complesso risulta il percorso militare e commerciale che i legionari e le viti si aprono verso Burdigala: di fatto, il primo collegamento diretto fra il Mediterraneo e le spiagge dell'Atlantico. Si deve a Roger Dion la descrizione dettagliata dell'itinerario che mosse da Narbo (l'attuale Narbonne, primo luogo di Francia dove i romani piantarono e coltivarono la vite) per raggiungere Tolosa e quindi Agen, affacciandosi infine sul tavolato orizzontale dell'Aquitania, allora popolata dai Galli Bituriges Vivisques. E quindi Biturica fu battezzata l’uva di questa regione.
Quanto all'origine della vite Biturica, gli agronomi romani concordano nella descrizione di una vite importata, più robusta in quanto più adatta ai climi freddi. Per Columella, la vitis Balisca proveniva dall’Epiro e attraverso il porto di Durazzo giunse a Roma; da lì i romani l’avrebbero diffusa in Spagna, dove prese il nome di Cocolubis. Dalla Spagna e in particolare dalla zona della Rioja, molto vicina al Bordolese, la vite giunse al paese dei Bituriges e fu battezzata Biturica. Più o meno la stessa cosa dice anche Plinio il Vecchio, che narra la Biturica come un incrocio tra una varietà importata dai romani e un vitigno selvaggio delle zone della penisola iberica, dandoci nel 71 d.C. la prima prova certa di vigneti nella zona di Bordeaux.
La storia del vino bordolese abbraccia dunque quasi 2000 anni, dalle origini in epoca romana, quando furono piantati i primi vigneti, fino ai giorni nostri. Una delle tappe fondamentali fu, nel Medioevo, il matrimonio di Henry Plantagenet e Eleonora d'Aquitania perché consolidò i contatti tra la regione di Bordeaux e il mercato inglese e in seguito verso l’intera Europa.
Il nome Bordeaux deriva dal francese “bord de l'eau” che significa "lungo le acque" e fa riferimento all'estuario della Gironda e ai suoi affluenti, Garonna e Dordogna, che svolgono un ruolo fondamentale nella storia e nel successo di questa regione. La posizione lungo l'estuario della Gironda, che garantisce un accesso sicuro alle acque dell’Atlantico, ha fornito fin dalle origini una rotta commerciale ideale con le isole britanniche.
Ma i Romani, nel loro periodo di massimo splendore vale a dire nel primo secolo d.C., già avevano una città famosa per i suoi vini, proprio come la Bordeaux dei giorni nostri. Parliamo di Pompei, che a quei tempi era considerata la “capitale del vino”. Una città e una regione che producevano vini di ogni tipo e li esportavano in grande quantità in tutta Europa. Pompei possedeva un porto mercantile invidiabile e una rete di commercio del vino pari solo a quella di Roma.
Sulle 31 ville finora scoperte nella campagna intorno a Pompei sembra che 29 appartenessero a produttori di vino. Erano i “Chateaux” di quei tempi, immersi nei vigneti, con le cantine piene di vino che lentamente invecchiava.
Pompei era senza dubbio il più importante mercato dei vini della Campania e della provincia circostante. Con i suoi inverni miti attirava i pensionati di ritorno dalle colonie. Lo stesso Plinio, anche se aveva solo 55 anni, si era stabilito lì vicino a passare in pace gli ultimi anni della sua carriera, con la carica non certo onerosa di comandante del Distaccamento della Marina Militare nella Baia di Napoli. La gente aveva molto tempo da passare nei bar e nei bagni pubblici. Il commercio di vino andava a gonfie vele, i robusti vini locali servivano a rifornire il mercato nazionale e, probabilmente, si esportavano nella colonie i vini più pregiati, tra cui il Falerno, molto quotato insieme a quelli della Spagna orientale e meridionale.
L'uomo che probabilmente si adoperò di più per promuovere il commercio del vino a Pompei fu Marco Porcio, che costruì la sua fortuna negli ultimi anni della Repubblica. I suoi sigilli sono stati trovati in molte parti del mondo Romano occidentale e, soprattutto, lungo la via di terra che congiunge il Mediterraneo a Bordeaux, passando per Narbonne e Tolosa. La sua fu un’importante famiglia di commercianti per molte generazioni, ma tutte le prove indicano che fu Marco a renderla famosa.
Pompei non solo riforniva di vino la regione di Bordeaux ma in molti modi sembrava anticipare ciò che Bordeaux sarebbe diventata più tardi. Vi è una chiara analogia fra la città romana, centro del commercio vinicolo internazionale, circondata da splendide ville e la Burdigala di due secoli più tardi, quando i suoi mercanti cominciarono ad investire nei vigneti della regione di Graves e del Medoc.
Oggi possiamo visitare gli scavi di Pompei e scoprire che si contavano più di duecento locali che noi definiremmo bar, ancora riconoscibili come tali. In una strada nei pressi dei bagni pubblici ce ne sono otto in un solo isolato, lungo non più di 75 metri. All'esterno di un baretto di poche pretese si possono ancora leggere i prezzi delle consumazioni: il vino veniva servita in caraffe, chiamate curcume, al prezzo di uno, due o quattro assi, (un asse equivale a circa 50 centesimi di oggi). Il “termopolium” era invece un vero e proprio fast food, con il bancone attrezzato per servire pasti caldi e naturalmente mescere generosamente il vino locale.
Antonio Dacomo
Giuseppe Prato

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