Bere bene spendendo il giusto.
“A Noi Che Piacciono I Vini Buoni“ di Antonio Dacomo
Dietro a questo incipit, che evoca la gioiosa atmosfera delle sagre paesane, troverete dei post su vini particolari e sui personaggi che li producono. Cominciamo con l' Uvalino “UCELINE 2012“ - Cascina Castlet di Costigliole d'Asti. Un vino speciale da un vitigno che rischiava l'estinzione.
Ci sono dei vini che si staccano nettamente dalla massa della grande produzione commerciale per caratteristiche, storia e soprattutto per i personaggi assolutamente fuori dal comune che stanno alla base della loro stessa esistenza.
Antonio Dacomo ci conduce per mano a conoscerne qualcuno fra i più interessanti, raccontandoci e facendoci raccontare direttamente da loro storie che per un verso sanno d’altri tempi ma che invece probabilmente rappresentano l’avanguardia di quella che in futuro sarà la produzione di qualità legata alle nostre terre. Argomenti come biodiversità, coltivazioni biologiche e rispettose dell’ambiente, recupero dei vitigni autoctoni e dei vini tradizionali sono accolti sempre più favorevolmente da un pubblico che si rivolge ai prodotti di qualità e che sta maturando una competenza adeguata per comprenderli.
Ci sono quelle cose nella vita che, grazie alla caparbietà di una persona, riescono ad arrivare a noi in un modo forte e indelebile. E’ il caso di Mariuccia Borio, proprietaria di Cascina Castlèt, azienda agricola di Costigliole d’Asti e produttrice di vini dalla marcata impronta territoriale che lei considera un valore su cui investire per il futuro.
Al palato ha un ingresso dolce, caldo ed è ben equilibrato; è ancora gradevolmente acido, con tannini esuberanti che ti asciugano la bocca. Un vino particolare, nobilitato da una lunga persistenza aromatica intensa, certamente complesso, mai banale, al difuori dai canoni a cui siamo abituati. Un rosso che di sicuro ha ancora molta vita davanti a sé e che col tempo riuscirà ad ammorbidirsi ancora.
Probabilmente il tannino, pronunciato al momento della degustazione, andrà a ben contrapporsi con i piatti e le preparazioni leggermente untuose delle carni rosse e selvaggina, in salmì, materie prime cotte o macerate nel vino. Perfetto connubio con formaggi di lunga stagionatura e saporiti. E’ consigliabile servirlo alla temperatura di 18°C. in bicchieri tulipano grande a bocca leggermente svasata.
Come si voglia leggere, l’etichetta dell’Uceline è un’idea semplice e un po’ onirica, opera di quel genio di Giacomo Bersanetti: le lettere del nome Uceline si animano fino a ricreare il volo di un piccolo stormo di uccelli che partono per terre lontane dopo la vendemmia, o che all’alba becchettano i miei acini maturi.
La soluzione, quasi surreale, della serigrafia realizzata direttamente su vetro, si esprime con il colore giallo terra delle sabbie astesane dove cresce l’uvalino.
Era la bottiglia più preziosa, da regalare al dottore, al podestà, al farmacista e al prete: un vino di lusso per far bella figura. Poco di scritto è rimasto su questo vino, ma le testimonianze orali permettono di attestare la sua presenza in Piemonte almeno dagli ultimi anni dell’Ottocento. Da quell’epoca, risulta diffuso in tutta l’Astesana meridionale, con il cuore nella zona di Costigliole d’Asti. Si può dire che, fino a una cinquantina d’anni fa, in tale area non esistesse azienda agricola, per quanto piccola, che non destinasse all’Uvalino almeno un paio di filari dei propri vigneti. Le caratteristiche varietali dell’uva in questione portano a escludere che si tratti di un vitigno forestiero importato e acclimatato in tempi recenti, o comunque nel corso dell’Ottocento. Veniva utilizzato in purezza e passito soltanto dalle famiglie più illustri e abbienti, e si connotava così con un segno di distinzione. Avere qualche bottiglia di Uvalino in casa era un segno di benessere, oggi diremmo uno status symbol.
“Uvalino”, un vitigno di antica tradizione e coltivazione, ormai dimenticato e quasi del tutto scomparso. Introdotto inizialmente nel nostro vigneto sperimentale, dove è stato sottoposto ad una rigorosa ricerca scientifica e agronomica. La vendemmia avviene verso la fine di ottobre, quando l’uva raggiunge una perfetta maturazione. I grappoli, raccolti a mano e scelti scrupolosamente, vengono adagiati in piccole cassette traforate che poi sono collocate in un “fruttaio” ben ventilato e a temperatura controllata ove rimangono per oltre un mese e subiscono ancora una leggera surmaturazione e appassimento.
Il mosto ottenuto per pigiatura e parziale diraspatura, viene avviato alla fermentazione. Normalmente questa si svolge molto lentamente e può prolungarsi per oltre 20 giorni. La temperatura non è mai troppo alta (22-25°C), frequenti rimontaggi permettono la totale dissoluzione degli antociani e dei vari componenti fenolici che, per questo vitigno, giocano un ruolo molto importante. La fermentazione malolattica e, successivamente, le varie fasi di maturazione del vino, avvengono in tonneaux di rovere pregiato da 5 hl.
Alla presentazione del vino, anni fa, agronomi e medici hanno parlato delle sue particolarità salutistiche: del resveratrolo, l’alcool «buono», che ha effetti benefici sul cuore e sulle arterie, presente in queste bottiglie dieci volte di più che negli altri vini, e persino di elementi che indurrebbero al «suicidio» le cellule leucemiche. Insomma, mai come nel caso di Uceline siamo di fronte a un vino da bere, come sempre con moderazione.
Un grande vino che rispecchia la grande produttrice, Mariuccia Borio, donna di valore che purtroppo non raccoglie popolarità e fama come le spetterebbero, quasi a scontare il carattere un po’ chiuso e riservato di noi piemontesi...